Profili introduttivi
Il nostro ordinamento predispone due strumenti di tutela nel caso in cui un soggetto abbia subito danni conseguenti ad un sinistro stradale: il danneggiato, infatti, può chiedere il risarcimento alla compagnia assicurativa del responsabile civile, oppure, direttamente alla propria compagnia assicurativa che, a sua volta, si rivarrà sulla compagnia assicurativa del conducente del veicolo antagonista.
Quest’ultima procedura, in particolare, introdotta nell’ordinamento giuridico italiano tramite il Codice delle Assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005) (artt. 149 e 150), si applica ai sinistri verificatisi dal 1 gennaio 2007 e avrebbe dovuto assolvere, negli auspici del legislatore, ad una funzione fondamentale: «realizzare un contenimento del costo medio dei sinistri al fine di riversare, in positivo, sugli assicurati, il conseguito risparmio, per consentire agli stessi di beneficiare di una riduzione dei premi assicurativi [1]».
Procedura obbligatoria o facoltativa?
Tale procedura, però, ha anche mostrato diversi profili problematici. Innanzitutto, ci si è chiesti se essa dovesse essere esperita obbligatoriamente dal danneggiato oppure se costituisse una mera facoltà. Sul punto, dirimente è la sentenza n. 180 del 2009 della Corte Costituzionale, in cui è chiarito che la procedura di risarcimento diretto «costituisce un ulteriore rimedio ed ha carattere alternativo e non esclusivo, non precludendo così le azioni già previste dall’ordinamento in favore del danneggiato».
Tuttavia, nonostante l’asserzione della Suprema Corte, la dottrina, in merito a tale questione, appare divisa: da un lato, taluni hanno osservato che questa ricostruzione relegherebbe il risarcimento diretto ad ipotesi residuali, causando «un potenziale ed assai probabile abbandono della procedura diretta a favore di quella ordinaria […], con contestuale inflazione del contenzioso ed aumento dei costi di gestione delle singole posizioni di danno [2]»; di converso, altri hanno accolto positivamente la pronuncia della Corte: essa, infatti, «ha correttamente svolto il suo compito, quello cioè di rilevare le incongruenze e gli errori del legislatore, individuando l’unica interpretazione costituzionalmente compatibile della normativa […] [3]».
In ogni caso, è pacifico, sia in dottrina che in giurisprudenza, che il carattere facoltativo delle due procedure si manifesti nella sola fase giudiziale; nella fase stragiudiziale, invece, le due soluzioni si configurano come concorrenti tra di loro [4]: di conseguenza, è solo in quest’ultima fase che il danneggiato deve osservare le prescrizioni dell’art. 149 Cod. Ass.ni, ossia inviare la richiesta risarcitoria direttamente alla propria impresa assicuratrice e a quella del danneggiante; ma questo non vincola il danneggiato, nella fase giudiziale, a preferire un mezzo di tutela in luogo di un altro.
Presupposti applicativi della disciplina
Presupposto per l’applicabilità della procedura in esame è che il danneggiato non sia esclusivo responsabile nella causazione del sinistro: circostanza dimostrabile, o con il modulo di constatazione amichevole oppure con il verbale redatto dalla pubblica autorità; anche se quest’ultimo appare comunque avere una forza probatoria maggiore, dato che il suo contenuto fa pubblica fede ex art. 2699 c.c., confutabile solo con la querela di falso [5].
Inoltre, possono esperire questa procedura solo i proprietari dei veicoli che presentino tre requisiti:
devono essere stati immatricolati in Italia o nella Repubblica di San Marino o nello Stato di Città del Vaticano;devono essere identificati e regolarmente assicurative, infine, devono essere assicurati con compagnie aderenti alla CARD [6].
Anche su questo aspetto della disciplina non sono mancati i dubbi interpretativi: l’applicabilità della procedura dell’indennizzo diretto è esclusa nel caso in cui l’assicurato non abbia pagato il premio alla propria compagnia? La giurisprudenza, in proposito, è stata chiara: è sufficiente che il proprietario del veicolo sia in possesso del certificato e del contrassegno assicurativo, anche se il premio, per avventura, non fosse stato pagato; infatti, il presupposto di applicabilità dell’indennizzo diretto è l’autenticità del contrassegno e non la validità del rapporto assicurativo [7].
Ulteriore presupposto per l’applicabilità del risarcimento diretto è la circostanza che il sinistro avvenga fra due veicoli: l’art. 149 cod. ass. co. 1, infatti, chiarisce che la procedura è applicabile «in caso di sinistro tra due veicoli a motore […]»; tuttavia, recentemente la Cassazione ha smentito questa ricostruzione e ha ritenuto ammissibile la richiesta di risarcimento diretto anche in caso di scontro tra più di due veicoli: infatti, con la sentenza n. 3146 del 07.02.2017, la S. C. ha affermato che «la procedura di indennizzo diretto prevista dall’art. 149 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209) è ammissibile anche in caso di collisione che abbia riguardato più di due veicoli, con esclusione della sola ipotesi in cui, oltre al veicolo dell’istante e a quello nei cui confronti questi rivolge le proprie pretese, siano coinvolti ulteriori veicoli responsabili del danno».
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